Enucleo alcuni argomenti dell'interessante 3d, relativi al mercato statunitense.
-Protezionismo nei confronti delle auto europee: vero, perché tali misure sono naturale espressione di tutela delle industrie nazionali; pure gli Stati Uniti non sono stati esenti dall'adottarle costituendo l'automotive settore dominante della propria economia. Già nella seconda metà degli anni 50 la VW con il Maggiolino aveva cercato di penetrarvi puntando ad una fascia di utenti alla ricerca di “qualcosa di diverso”, piazzando oltre sette milioni di pezzi in poco più di vent'anni. Le restrizioni volontarie hanno funzionato però anche da stimolo ai concorrenti giapponesi che negli anni 80 sono sbarcati in massa in America sia con le esportazioni dirette, sia con lo sviluppo dell'attività produttiva in loco. Mentre gli specialist-producers europei (BMW, Mercedes, Porsche, Ferrari) occupavano stabilmente le fasce alte del mercato, i giapponesi seppero sfruttare la strategia distributiva (vendita di vetture compact come seconda auto di famiglia), condita dalle missions di contenimento dei costi, della qualità e dell'imitazione speculare dei competitors più bravi. Fiat rimase negli USA sino al 1987 con la X1/9 , l'agile spiderina disegnata da Bertone, venduta dal 1974 e fu preceduta dalla 124 Spider. La Strada (cioè la Ritmo dei paesi anglofoni) venne venduta sul finire degli anni '70, mentre Alfa Romeo sempre negli anni 80 strinse accordi con Chrysler per la vendita della 75, 164 e Duetto/ Graduate (cd Alfa Romeo Dealers of North America). L'abbandono del mercato non penso sia attribuibile al problema ruggine (comune a tutte le case, chi più chi meno), bensì (ritengo) al fatto che Fiat/Alfa non avessero mai raggiunto volumi importanti, tanto da giustificare i costi di marketing e distribuzione: nella ritirata, più determinante credo sia stato il motivo della scarsa qualità, più che altro causata dalla grande conflittualità sindacale presente nelle fabbriche italiane negli anni 70, primi anni '80.
Per contestualizzare, non dimentichiamo che in Italia quello era il periodo delle Br, degli attentati terroristici, di un triste momento storico ricordato con le terribili parole de “gli anni di piombo”, con sicure, inevitabili ripercussioni nel tessuto sociale italiano, politico ed economico e con le fabbriche che lavoravano a singhiozzo e gli operai vittime del clima.
-Modello globale di auto: un tempo conosciuta come “world-car”, una sorta cioè di riattualizzazione del Modello T, sta ritornando in auge (forse non è mai morta del tutto) con il correttivo però dell'adattamento alle varie esigenze locali di omologazione, sicurezza ma anche di gusto del consumatore. Se non fosse così, il fallimento sarebbe sicuro.
-Kia Soul/mentalità mancante: siamo sullo stesso campo da gioco della FCA, che con la 500L ripropone il principio di “a little car, big inside” ma dove sembrerebbe peccare in qualità. In questo caso è mia opinione che si sconti il fatto che in pochissimo tempo Fiat, sia passata da satellite, quasi fagocitata dalla GM nel 2000, a player mondiale con l'irrinunciabile ritorno in USA, grazie al sapiente, veloce colpo di mano dello stratega Marchionne, che soprannominerei pertanto “desert fox”. Ma Fiat rimane un late-comer. I prodotti 124, Giulia e Stelvio sono a testimoniare l'impegno nell'affermare il DNA della leadership italiana in design e styling poggianti su fondamenta (finalmente) di qualità: la 124 fa da apripista, sotto questo aspetto rappresenta un sicuro assegno circolare!




Rispondi quotando
