La causa è l'iniezione diretta, sempre più diffusa tra i propulsori dell'ultima generazione che, ridottisi di cilindrata, hanno adottato il turbo per aumentare l'efficienza, limitare i consumi ed assicurare quel piacere di guida altrimenti appannaggio del diesel. Il rovescio della medaglia è che l'uso dell'iniezione diretta, dovendo questa funzionare con pressioni altissime, crea l'aumento delle polveri sottili e quest'anno in Europa per i benzina entrano in vigore i nuovi limiti di polveri sottili emesse per chilometro percorso. Sembravano immuni i motori a benzina, perché la combustione della miscela aria/benzina, grazie alle candele (assenti nei diesel), è più omogenea, ma con la “diretta” il particolato rilasciato (superiore di ben mille volte rispetto all'indiretta) è più sottile e più elevato del diesel (fino a dieci volte!). La soluzione è una vecchia conoscenza degli amanti del gasolio, cioè il famigerato filtro antiparticolato (che Fiat chiama DPF), che ha esordito nel 2000 in sordina ma che, per l'inasprirsi delle norme antinquinamento, dovrà essere accompagnato dall' SCR, una complicazione ulteriore che relegherà il diesel nei segmenti più elevati di mercato, restituendogli quella vocazione prettamente autostradale e di “macinatore di chilometri” di altri tempi e ricordi “fiscali” (vedi il periodo del superbollo). Ad addolcire la pillola il fatto che, sembra, il costo industriale di detto filtro sia, almeno al momento, più basso rispetto al DPF/FAP e di tecnologia più semplice.